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Scheda pubblicata il 04/02/2022 e aggiornata il 04/02/2022


Il TAR  Sardegna, prima Sezione di Cagliari, con Sentenza n° 39 pubblicata il 25/01/2022, ha accolto il ricorso di una studentessa con disabilità che era stata esclusa dalla frequenza universitaria, perché iscritta con l’attestato dei crediti formativi e non con il diploma conclusivo del secondo ciclo.

L’iscrizione era avvenuta all’inizio del 2019 e l’annullamento dell’iscrizione da parte dell’Università di Sassari era avvenuta a febbraio 2021.

La studentessa ha aveva proposto ricorso straordinario al Capo dello Stato, poi riassunto in ricorso al TAR.

Sul ricorso il TAR aveva concesso la sospensiva, mentre la sentenza di merito è stata pubblicata dopo circa un anno, il 25 gennaio 2022.

Numerosi i motivi di ricorso e le controdeduzioni dell’Avvocatura dell’Università.

Il TAR ha sintetizzato i motivi di ricorso in tre gruppi, accogliendoli:

1. E’ fondato il primo motivo di ricorso, limitatamente alle censure relative alla violazione degli articoli 3 e 21 nonies della Legge nr. 241/1990 ed all’eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità ed adeguatezza, per irragionevolezza e per ingiustizia manifesta.”

Infatti il TAR ha censurato l’Università perché ha annullato d’ufficio l’iscrizione dopo ben oltre due anni dalla stessa e quando ormai erano scaduti i 18 mesi prescritti dalla l. n° 241/90 per poter effettuare per legge tale annullamento d’ufficio.

2. Trattandosi di annullamento d’ufficio “in autotutela”, oltre che rispettare i termini decadenziali di cui sopra, l’Amministrazione avrebbe dovuto tener conto del raffronto tra l’interesse pubblico da tutelare con l’annullamento e l’interesse privato della parte che lo subisce e, dato l’enorme ritardo nell’aver provveduto a ciò, ormai l’interesse privato era prevalente, dal momento che la studentessa aveva superato ben cinque esami, assistita da un tutor.

3. Il TAR ha a questo punto effettua un’attenta disamina della normativa relativa agli esami di maturità e degli alunni con disabilità e ne desume che né l’art. 20 del D.Lgs. n° 62/17, ultimo decreto sulla valutazione degli alunni, né l’art. 13 del DPR n° 323/98, Regolamento sugli esami di maturità, recano la previsione che vieta l’iscrizione universitaria con il semplice “attestato”.

La norma che lo vieta espressamente è l’art. 6 comma 1 del D.M. n° 270/04, Regolamento sull’autonomia universitaria, in cui si prevede che requisito per l’iscrizione universitaria sia il diploma conclusivo degli studi di scuola superiore.

Pertanto non vi è alcuna norma primaria che vieta l’iscrizione universitaria con il semplice attestato.

Anzi, il TAR accenna di sfuggita al fatto che solo quel decreto potrebbe essere in contrasto con la lettera sia dell’art. 12 comma 1 della l. n° 104/92, che dell’art. 24 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia con l. n° 18/09.

Però, ritiene inutile affrontare questo aspetto, dal momento che la censura accolta con il primo gruppo di motivi del ricorso, relativa alla perenzione del potere di annullamento d’ufficio a causa del superamento del termine perentorio di 18 mesi, è assorbente.

Conseguentemente accoglie il ricorso e condanna l’Università di Sassari alla refusione delle spese, consentendo quindi la prosecuzione degli studi universitari della ricorrente, la cui iscrizione è pertanto inattaccabile.


OSSERVAZIONI

A leggere solo il dispositivo, la decisione del TAR può lasciare increduli, dal momento che comunemente è notorio che senza diploma di maturità non ci si può iscrivere all’università.

Però, leggendo il succedersi delle date dei fatti e le motivazioni della sentenza, ci si deve ricredere e concordare con la stessa, dal momento che i motivi procedurali sono fondamentali.

Dunque, in questo caso, per come si sono svolti i fatti, questa studentessa può proseguire i suoi studi universitari, anche se priva di diploma.

La causa di questa stranezza deve attribuirsi esclusivamente agli uffici amministrativi dell’Università che, non hanno per nulla esaminato la documentazione prodotta dalla studentessa all’atto dell’iscrizione e se ne sono ricordati, occasionalmente, ben oltre i 18 mesi, termine perentorio del potere di annullamento di ufficio.

Pertanto, se un insegnamento deve trarsi da questa decisione, è che gli uffici amministrativi delle università debbono con attenzione controllare tutta la documentazione prodotta, perché possono determinare così gravi errori e danni agli interessati ed alla propria amministrazione.

Piuttosto ciò che lascia perplessi è la possibile questione di incostituzionalità dell’art. 6 comma 1 del D.M. n° 270/04 come prospettato quale motivo di ricorso.
Esso non è stato esaminato nella sentenza, in quanto è stato dichiarato assorbente il motivo procedurale. 
Ma se la questione venisse sollevata in via principale in altro ricorso (invero 
dovrebbe parlarsi non di incostituzionalità, ma di illegittimità di un atto amministrativo in contrasto con delle norme primarie quali la l. n° 104/92 e la Convenzione ONU), ritengo che non dovrebbe ottenere esito positivo.

Infatti i principi contenuti nelle “disposizioni preliminari al Codice civile” stabiliscono all’art. 12 che le norme vadano interpretate, non solo secondo ciò che le parole esprimono, ma anche  secondo “l’intenzione del legislatore”.
Ed il legislatore all’art. 33 della Costituzione stabilisce che lo Stato detta “le norme sull’istruzione”, senza limitarsi solo a quelle primarie (dovendosi 
quindi intendere anche quelle secondarie, come il D.M. n° 270/04) ed inoltre che è previsto un esame di Stato per la conclusione degli studi. Ovviamente l’esame deve concludersi col superamento positivo dello stesso, se deve rilasciare un titolo di studio valido a tutti gli effetti.

Dunque, il fatto che non vi sia una norma primaria che espressamente preveda l’inidoneità dell’“attestato” per l’iscrizione all’università, non dovrebbe essere fatto impeditivo a consentire l’annullamento d’ufficio di un’iscrizione irregolare, purchè, ovviamente, effettuato entro i termini perentori indicati nella normativa.

Anche in un ricorso contro tale annullamento, purché regolare, il giudice deve tener conto dell’interpretazione logica della normativa, tendente a far accogliere l’eccezione di qualunque università circa l’erroneità di iscrizione col semplice attestato. Però ciò deve avvenire entro i termini perentori di cui sopra.

Comunque prudenzialmente il Ministero potrebbe inserire una tale norma una nuova legge.


Salvatore Nocera
Nicola Tagliani
Osservatorio AIPD sull’inclusione scolastica
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