“Sono Down, non sono malata. Voglio fare le montagne russe” Il video di Sofia e l’appello di AIPD
Roma, 30 luglio 2020 – E’ un’appassionata di giostre, Sofia, 10 anni, oltre ad essere una bambina autonoma, educata e assolutamente capace di rispettare le regole. Soprattutto, è coraggiosa e gode di ottima salute. Sa fare molte cose, compreso indignarsi, come dimostra nel video che ha voluto condividere tramite l’associazione AIPD. Non riesce proprio a capire, quindi, perché ieri al Parco Rainbow Magicland non le volessero permettere di andare sui tronchi galleggianti, né sulle montagne russe “baby”. Le dispiace e si stupisce che Valentina, l’operatrice di AIPD Latina che l’accompagnava, discutesse con i gestori del parco, ma la sua accompagnatrice, abituata a battersi per i diritti e l’inclusione, conoscendo bene la passione e le capacità di Sofia, non poteva tollerare quell’incomprensibile e ingiustificabile limitazione. E non la tollera Samantha, la mamma di Sofia, presidente della sezione dell’AIPD di Latina.
Quello che è accaduto, ce lo racconta in breve proprio Valentina Marcoccio, operatrice e coordinatrice della sezione AIPD di Latina, che ieri mattina è andata al parco divertimenti insieme a Sofia. Con loro c’erano Giulia, anche lei 10 anni con la Sindrome di Down, e la sua operatrice. “In biglietteria mi hanno spiegato che le bambine avrebbero avuto il biglietto gratuito, per via della loro disabilità, e avrebbero indossato un braccialetto verde, corrispondente alla disabilità intellettiva, con il quale sarebbe stato impedito l’accesso ad alcune giostre. Mi sono però resa conto che le giostre in questione erano molte e tutte piuttosto, a mio giudizio, tranquille: le montagne russe baby, per esempio, o i tronchi in acqua. Ho spiegato che le due bambine, pure avendo la Sindrome di Down, non presentano alcun impedimento all’accesso a queste giostre come tutti gli altri bambini, ho chiesto di parlare con il direttore, mi sono molto arrabbiata, perché trovavo quella norma e quel braccialetto uno schiaffo all’inclusione per la quale lavoriamo. Alla fine ho rinunciato al biglietto omaggio e ho pagato il biglietto per Sofia che, tra le due amiche, era quella che più desiderava andare su tutte le giostre. Abbiamo fatto tutte le giostre, nessuno all’interno del parco ha mostrato difficoltà, le bambine rispettavano tutte le norme anti COVID 19, indossavano la mascherina e in fila si comportavano in modo impeccabile. Ma mi porto dentro lo sconcerto che ho provato per la discriminazione che abbiamo vissuto e per la delusione che ho letto sul volto di Sofia, per le difficoltà che erano state palesate”.
Samantha, la mamma di Sofia, è “indignata e delusa: sono 10 anni che mi batto per i diritti e l’inclusione di mia figlia e ancora dobbiamo sopportare questo. Mi chiedo: quando non ci sarò io, o non ci sarà Valentina, a difendere i suoi diritti di cittadina , cosa accadrà? Se tra qualche anno alle giostre andrà con gli amici, potrà trovarsi in questa stessa situazione che la ferisce e la imbarazza? Ieri sera e ancora stamattina ne parlava, raccontando a modo suo quello che aveva vissuto: Sofia ha compreso e per lei è stato molto triste rendersi conto che il suo aspetto condiziona regole diverse e limitanti. Io non voglio sconti per Sofia, non li ho mai voluti: voglio che lei paghi come gli altri e che abbia però le stesse opportunità, senza subire queste umiliazioni. Questa per me è discriminazione. Il divertimento e lo svago sono un diritto tanto quanto l’istruzione e il lavoro, non possiamo tollerare, come associazione, che i nostri figli siano trattati diversamente per una Sindrome che, in molti casi, non compromette le loro autonomie nei contesti di vita naturali. Come dice Sofia, lei non si considera malata e non deve essere trattata come tale. Dobbiamo superare il pregiudizio di chi pensa che le persone con disabilità siano tutte non autosufficienti: non è così, la disabilità è un mondo complesso e variegato, di cui i nostri figli fanno parte con le loro specificità e caratteristiche. Chiedo che il parco in questione riveda le sue regole, perché questi braccialetti verdi, rossi e gialli rischiano di creare problemi per come vengono interpretati. Il personale venga formato, soprattutto gli operatori che stanno all’accoglienza, che possano raccogliere le informazioni degli accompagnatori dei minori con disabilità e si possano di conseguenza rapportare con le singole e diverse situazioni in modo adeguato. E’ una battaglia di principi e di civiltà, perché l’inclusione è fatta anche di piccole vicende quotidiane”.
Il regolamento del Parco e l’appello di AIPD. “Per ragioni di sicurezza e di incolumità degli ospiti, la fruizione di alcune attrazioni potrà essere sconsigliata a soggetti affetti da patologie fisiche e/o psichiche, come da avviso apposto all’ingresso di ogni singola attrazione interessata da questa problematica. L’ingresso alla singola attrazione non sarà comunque impedito una volta presa cognizione del suggerimento del gestore; in tal caso, infatti, l’utente debitamente informato si assume l’integrale responsabilità in ordine alla decisione di accedere comunque all’attrazione”: questo è quanto prevede, in merito ai visitatori con disabilità, il regolamento del Parco, che dunque garantisce l’inclusione e la libera fruizione delle attrazione da parte di tutti. Esiste anche una Guida per i visitatori con disabilità, che rimanda alla tabella denominata “Attrazioni accessibili per tipo di disabilità. Questa contiene proprio le limitazioni previste, rispettivamente, per chi indossa il braccialetto giallo (disabilità fisica), verde (disabilità cognitiva) o rosso (disabilità sensoriale).
“Apprezziamo l’attenzione rivolta al tema della disabilità – afferma Tiziana Grilli, Presidente Nazionale di AIPD – ma crediamo che sia necessario ricordare che ogni persona è diversa ed esprime un potenziale di autodeterminazione ben preciso, sarebbe buona norma riconoscere agli accompagnatori, che meglio conoscono le persone, la capacità di valutare la fattibilità in sicurezza dei giochi. Vorremmo che la comunità in generale, e non soltanto i parchi divertimento, non ponessero ai nostri ragazzi limiti spesso non giustificati, ma permettessero e favorissero il pieno godimento e la libera espressione delle loro capacità e della loro indubbia gioia di vivere. Desideriamo e chiediamo per i nostri figli e per tutte le persone con disabilità il diritto alla partecipazione e alla cittadinanza attiva abbattendo le barriere che ostacolano l’esercizio del diritto stesso ovunque queste si presentino. Questa, per noi, si chiama Inclusione”.