Una lettera in sette punti, indirizzata ai principali rappresentanti di governo ed enti locali, per recapitare loro le richieste delle persone con sindrome di Down: l’ha inviata questa mattina AIPD, con lo scopo di valorizzare e condividere le testimonianze raccolte tra giovani e adulti della propria rete associativa, in occasione della recente Giornata mondiale per la sindrome di Down (21 marzo).
“Improve our support system”, cioè “Migliorate i nostri sistemi di supporto” era il tema della giornata, su cui si è concentrata quindi anche la campagna di AIPD, che ha scelto di interpellare i diretti interessati. “I riflettori e l’attenzione non devono spegnersi all’indomani della ricorrenza – spiega l’associazione – Il tempo e le energie dedicate dall’associazione e dalle famiglie per raccogliere i bisogni di giovani e adulti deve essere valorizzato. Per questo abbiamo pensato di trasformare le loro richieste principali in altrettante proposte, da sottoporre all’attenzione delle istituzioni nazionali e locali. In sintesi, le persone con sindrome di Down chiedono condizioni minime per poter scegliere in autonomia, per vivere indipendenti e sentirsi parte del mondo”.
Alcune di queste richieste erano già emerse dall’indagine di AIPD e CENSIS “Non uno di meno. La presa in carico delle persone con sindrome di Down per il perseguimento del miglior stato di salute e la loro piena integrazione sociale”: in quel caso, erano stati interpellati i caregiver familiari.
Ecco le 7 richieste delle persone con sindrome di Down:
Salute
“Chiedo allo Stato visite mediche più veloci” (Gianni, Brindisi)
Efficienza. Le persone con sindrome di Down più adulte chiedono una sanità più “veloce” e accessibile. Tempi e liste di attesa improponibili non sono più accettabili. La sanità pubblica deve essere supportata con i giusti investimenti e deve essere garantita in qualunque parte del nostro Paese.
Accessibilità, per una sanità “amica”. Oggi sono pochissimi i centri di assistenza specializzati nella cura delle persone con sindrome di Down e tante famiglie, soprattutto del Sud, sono costrette a viaggiare da una regione ad un’altra solo per fare una visita medica. I progetti TOBIA (Team Operativo Bisogni Individuali Assistenziali) – DAMA (Disabled Advanced Medical Assistance) rappresentano una realtà di presa in carico efficace per le persone con disabilità intellettiva che dovrebbero essere realizzati in ogni struttura ospedaliera.
Scuola
“Voglio denunciare la mancanza di prof” (Emanuele, Sabaudia)
Per un sostegno migliore. La scuola italiana è il fiore all’occhiello del nostro Paese, primo nel mondo ad avere detto no e per sempre alle classi differenziate. Ma gli insegnanti spesso sono pochi e quelli di sostegno, che supportano la classe in cui è presente un alunno con disabilità, sono insufficienti e troppo spesso non riescono a seguire le classi nel corso dell’intero ciclo. Non solo: occorre stabilizzare gli insegnanti di sostegno, per assicurare continuità e permettere quel rapporto di fiducia indispensabile in una relazione educativa e soprattutto in presenza di una disabilità. Supportare gli alunni con disabilità significa supportare l’intero sistema scolastico, e riconoscere le esigenze di ciascun alunno, con e senza disabilità.
Tecnologie. Tra i ragazzi più giovani, alcuni chiedono che sia possibile utilizzare le nuove tecnologie e in particolare l’Intelligenza artificiale, “che può aiutarci a stare dietro ai professori quando spiegano”.
Formazione. La formazione degli insegnanti di sostegno, sia iniziale che in servizio, deve essere assicurata e garantita da percorsi efficaci. Al tempo stesso, tutti gli insegnanti devono essere adeguatamente formati sulle tematiche del sostegno, perché tutti loro – e non solo il docente di sostegno – sono gli insegnanti dello studente con disabilità e di tutta la classe.
Lavoro
“Lo Stato può dare più soldi alle aziende, così mi assumono, perché con il lavoro posso essere autonomo e potrei anche pagare l’affitto della casa dove vivo con Matteo e Giacomo” (Leonardo, Pisa)
Contributi per i tirocini. Lavoratori non ci si improvvisa: la nostra esperienza di oltre 40 anni ci insegna quanto sia fondamentale il tirocinio ai fini di un inserimento lavorativo efficace. Oggi però ai tirocini non sono riconosciuti adeguati sostegni: l’indennità di tirocinio, in particolare, è a esclusivo carico dell’azienda ospitante così come la retribuzione del tutor. Questo rende difficile – a volte impossibile, soprattutto per le piccole aziende – avviare i percorsi, che sarebbero economicamente insostenibili. Chiediamo dunque maggiori contributi destinati a questo scopo e, in generale, maggiore attenzione al collocamento mirato.
Ottimizzare la legge 66/99. Semplificare e accelerare le procedure per l’accertamento della disabilità, previsto dalla legge 69/99 come necessario per l’iscrizione alle liste di collocamento mirato. Da alcune regioni ci arrivano segnalazioni di persone che attendono da oltre un anno l’accertamento. E’ necessario che su tutto il territorio nazionale i tempi si riducano, per favorire l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità.
Coinvolgere le associazioni. Le nuove Linee Guida in materia di collocamento mirato delle persone con disabilità prevedono di fare ricorso all’esternalizzazione, attraverso il coinvolgimento di associazioni di categoria o di enti del terzo settore che al loro interno abbiano individuato figure professionali opportunamente formate in grado di rivestire il ruolo di responsabile dell’inserimento lavorativo e che mettano a disposizione tale servizio tramite forme consulenziali. In realtà, le associazioni che interagiscono con i servizi pubblici per il collocamento mirato sono a volte mal tollerate nello svolgimento delle funzioni loro attribuite, a volte si trovano a interagire con servizi non adeguatamente competenti. E’ importante che il loro ruolo sia riconosciuto e valorizzato come una risorsa utile per un positivo esito del progetto di inserimento.
Autodeterminazione/vita indipendente/cittadinanza
“Un diritto è anche un dovere. Ho un lavoro, che è mio diritto e mio dovere. Ma vorrei che si rispettasse anche il mio diritto di vivere da solo. L’autonomia è anche vivere una vita indipendente” (Nicolò, Venezia)
La vita indipendente e il progetto di vita. Molte persone con sindrome di Down vivono una storia di coppia e vorrebbero sposarsi. La vita indipendente deve essere accompagnata e sostenuta con risorse adeguate. Fondamentale è garantire l’accesso alla casa, tuttora spesso particolarmente difficile per le persone con sindrome di Down.
Il Dopo di noi. L’indipendenza dai genitori deve essere costruita prima che questi non ci siano più. Chiediamo che sia pienamente attuata la legge sul Dopo di noi e che i progetti siano sostenuti adeguatamente in tutti i territori
Supporti economici
“Lo Stato deve dare più denaro” (Nando, Napoli)
Pensione d’invalidità. Non tutte le persone con sindrome di Down possono andare a lavorare, né tutte quelle che potrebbero lo faranno. Per loro l’unico sostegno economico arriva dunque dalle provvidenze economiche erogate a seguito del riconoscimento dell’invalidità civile, e, a livello locale, da eventuali sostegni erogati dai Comuni. Sono sufficienti a condurre una vita dignitosa? Sicuramente no. Per questo molte delle persone con sindrome di Down interpellate, alla domanda “C’è qualcuno che ti supporta?”, rispondono: “I miei genitori”. Ma non è accettabile che le famiglie, già da sempre in prima linea nell’assistenza e vero e proprio instancabile presidio del welfare, continuino a farsi carico anche economicamente del loro congiunto.
Sostegno ai caregiver familiari. Tante famiglie in cui sia presente una persona con disabilità presentano un rischio più alto delle altre di andare incontro a povertà: da un lato perché si trovano ad affrontare spese aggiuntive, dall’altro perché spesso uno dei due genitori – in genere la madre – lascia o perde il lavoro. Ai caregiver familiari devono essere riconosciute indennità economiche e tutele previdenziali.
Mobilità
Un problema che lo Stato dovrebbe risolvere? “I mezzi di trasporto. Io non so come mi devo muovere” (Giovanni, Potenza)
Più mezzi pubblici, anche nelle aree interne. Alcune persone interpellate, specialmente quelle residenti in piccoli centri, evidenziano difficoltà negli spostamenti e lamentano l’isolamento dovuto alla mancanza di collegamenti. Questo significa rinunciare ad opportunità o, ancora una volta, essere costretti a fare riferimento al supporto della famiglia. Garantire un’efficace rete di trasporti pubblici significa garantire pari opportunità.
Mezzi pubblici più “facili”. Allo stesso tempo è fondamentale che i mezzi pubblici siano “accessibili” alle persone con sindrome di Down: si chiede quindi di rendere più “facili da leggere” le comunicazioni, le indicazioni e le istruzioni relative ai trasporti.
Spazi verdi
Cosa ci vorrebbe per rendere più bella la città in cui vivi? “Più parchi giochi” (Maria Rosaria, Potenza)
Più verde e più gioco per tutti. Una città senza spazi verdi respira meno. E i cittadini che non hanno luoghi per incontrarsi sono cittadini più soli, e questo per le persone con disabilità cognitive rappresenta un danno enorme. Investire in questi spazi, che diventano non solo fonte di ossigeno ma anche di condivisione e incontro, non solo è un atto dovuto, è un gesto di amore per il benessere collettivo. E soprattutto per i giovanissimi, è importante che si moltiplichino anche le aree dedicate al gioco, che siano accessibili e fruibili per tutti.