Scheda pubblicata il 13/07/2020 e aggiornata il 02/07/2025
I familiari del lavoratore o del pensionato, in presenza di determinati requisiti, hanno diritto, a seguito della sua scomparsa, alla pensione ai superstiti.
Questa si distingue in pensione indiretta (spetta alla morte del lavoratore assicurato che abbia accumulato, anche in epoche diverse, almeno 15 anni di contribuzione, oppure 5 anni di contributi di cui almeno 3 nel quinquennio precedente la scomparsa) e in pensione di reversibilità (spetta quando la persona deceduta era già titolare di pensione di anzianità, di vecchiaia o ordinaria di inabilità).
Il coniuge e i figli minorenni hanno sempre diritto alla pensione ai superstiti.
Ai figli maggiorenni spetta solo se:
– studenti di scuola secondaria di secondo grado o professionale fino al 21mo anno di età, viventi a carico del genitore al momento della sua scomparsa.
– studenti universitari non fuori corso, fino al 26mo anno di età, viventi a carico del genitore al momento della sua scomparsa
– siano riconosciuti “inabili al lavoro” e risultino “viventi a carico” del genitore al momento della sua scomparsa, indipendentemente dall’età.
È importante chiarire cosa la legge intende per “inabile al lavoro” e per “vivenza a carico”.
Il concetto di inabilità lavorativa (previdenziale) viene definito dalla L. n. 222/1984 (art. 2): “si considera inabile [… colui] il quale, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, si trovi nell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa”.
Si tratta quindi di una condizione completamente differente da quella di “invalido civile”, e non necessariamente in relazione con la stessa.
Pertanto, coloro che hanno già un riconoscimento di invalidità civile, anche del “100%” o del “100% con necessità di assistenza continua”, non sono anche inabili ai fini della pensione ai superstiti: l’inabilità richiesta e sopra descritta deve essere riconosciuta dall’INPS con specifica visita, a seguito di domanda, anche per il tramite di un Patronato, previo invio all’INPS, da parte del medico curante, del certificato introduttivo “Mod. SS3”.
La condizione di “vivenza a carico” del figlio “inabile” – differente da quella di “fiscalmente a carico”, sussiste se, al momento del decesso del genitore, il figlio abbia un reddito non superiore, per l’anno 2025, a € 19.772,50, o di € 26.276,74 nel caso sia titolare di indennità di accompagnamento (v. circc. INPS 15/2009 , punto 2.2, e 198/2000, punto 4).
La pensione ai superstiti ai lavoratori inabili
Il decreto legge 248/2007 (art. 46), convertito con modificazioni dalla legge n. 31/2008, ha disposto che il diritto alla pensione viene mantenuto anche nel caso in cui il figlio con disabilità (riconosciuto inabile al lavoro) svolga attività lavorativa per non più di 25 ore settimanali, sia stato assunto presso cooperative sociali di tipo B, o con contratti di formazione e lavoro, contratti di apprendistato o con le agevolazioni previste per le assunzioni di disoccupati di lunga durata o attraverso le convenzioni di integrazione lavorativa di cui all’ art. 11, commi 4 e 7, della legge n. 68 del 1999.
In questi casi l’INPS accerta la finalità terapeutica del lavoro svolto (v. circ. INPS n. 15/2009).
La condizione di “vivenza a carico” del figlio “inabile” – differente da quella di “fiscalmente a carico”, sussiste se, al momento del decesso del genitore, il figlio abbia un reddito non superiore, per l’anno 2025, a € 19.772,50. Qualora sia stato accertato dalla competente Commissione Medica INPS che si trovi “nella impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore” o, “non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, abbisogni di un’assistenza continua “nella impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore” o “non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, necessiti di una assistenza continua”, il limite è determinato nella misura di € 26.276,74. (v. circc. INPS 15/2009 , punto 2.2, e 198/2000, punto 4)
I redditi da considerare sono solamente quelli assoggettati all’IRPEF (non vanno quindi conteggiate le prestazioni economiche di invalidità civile, esenti dall’imposta), e “valgono” solamente al momento del decesso del genitore: un successivo superamento dei limiti indicati non pregiudica assolutamente il diritto alla pensione ai superstiti.
Nell’eventualità di decesso anche dell’altro genitore (lavoratore o pensionato), il figlio può ottenere una seconda pensione ai superstiti, sempreché risulti, al momento del decesso del secondo genitore, il requisito della vivenza a carico: a questo fine la “prima” pensione acquisita è rilevante per il raggiungimento dei limiti accennati, poiché è un reddito assoggettato all’IRPEF.
Decorrenza, domanda e quote
La pensione di reversibilità decorre dal primo giorno del mese successivo a quello del decesso del genitore e spetta in una quota percentuale della pensione già liquidata o che sarebbe spettata allo stesso.
La domanda va inoltrata all’INPS, Per la presentazione della domanda non è previsto un termine. Tuttavia, trascorsi 10 anni dal decesso del dante causa, i ratei di pensione non riscossi cadono in prescrizione (ex articolo 2946 del Codice civile).
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Le quote della pensione spettanti variano a seconda dei superstiti aventi diritto:
- Coniuge e un figlio: 80% della pensione d’origine (60% coniuge, 20% figlio)
- Coniuge e due figli: 100% della pensione d’origine (60% coniuge, 20% a ciascun figlio)
- Solo un figlio: 70%
- Due figli: 80%
- Tre figli: 100%
In via generale la quota spettante può essere ridotta (del 25%, 40%, 50%) in ragione del reddito
Tuttavia, tale riduzione non si applica se nel nucleo familiare sono presenti figli minori, studenti o inabili (art. 1, comma 41, L. n. 335/1995; v. anche circ. INPS n. 185/2015, punto 9).
IN SINTESI:
La pensione di reversibilità spetta sempre al figlio minorenne.
Nel caso di figlio maggiorenne, in via generale – a parte il caso di studenti e universitari – a questi spetta la pensione ai superstiti solo se:
- viene valutato “nell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa” dall’INPS
- fino al momento del decesso del genitore risultava essere “vivente a carico” dello stesso, disponendo di un reddito imponibile ai fini IRPEF inferiore a € 19.772,50 o € 26.276,74 se titolare di indennità di accompagnamento.
Inoltre, ferme le necessarie condizioni appena menzionate, può mantenere il diritto alla pensione ai superstiti anche nel caso svolga un’attività lavorativa, purché la stessa
- abbia finalità terapeutica, riconosciuta dall’INPS
- sia svolta presso laboratori protetti, o cooperative sociali di tipo B, nonché presso datori di lavoro che abbiano stipulato le convenzioni di cui all’art. 11 (commi 4 e 7) della legge n. 68 del 1999, con contratti di formazione e lavoro, o con contratti di apprendistato o con le agevolazioni previste per le assunzioni di disoccupati di lunga durata;
- l’impegno della stessa non sia superiore a 25 ore settimanali
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